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AI e vibe coding: sviluppare applicazioni con i prompt di un LLM

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vibe coding

La definizione vibe coding è stata coniata da Andrej Karpathy che a febbraio 2025 ha usato per la prima volta il termine in un tweet scatenando grande interesse. Da quel momento è stato ripreso ed è apparso sui social media e sulle testate più autorevoli.

Ma cosa significa esattamente vibe coding? Vediamolo assieme.

Cosa è il vibe coding

Per spiegare al meglio cosa è il vibe coding partiamo proprio dalla definizione di Andrej Karpathy: il vibe coding è un approccio specifico in cui “ti abbandoni completamente alle vibrazioni, abbracci l’esponenziale e ti dimentichi che il codice esiste.” 

Non parliamo quindi di semplice programmazione assistita dall’AI, ma di una metodologia secondo la quale viene delegata la comprensione del codice ai modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) e viene accettato il codice generato dall’AI. Infine per la risoluzione dei problemi viene copiato il messaggio d’errore e viene chiesta la soluzione alternativa nel caso in cui l’AI non riesce a correggere un bug. 

Tutto ciò avviene attraverso semplici prompt testuali forniti a un LLM (Large Language Model) come GPT-4 per esempio.

Questo metodo ha terreno fertile in un contesto nel quale l’AI generativa è sempre più usata, come evidenziato nel rapporto “The state of AI in early 2024: Gen AI adoption spikes and starts to generate value” di McKinsey che valuta nel 65% il numero di imprese che adottano tal tecnologia.

Il vibe coding si basa su un’interazione continua tra umano e IA, in cui lo sviluppatore trasmette un’idea ad alto livello e riceve una prima implementazione, che può essere poi raffinata con ulteriori suggerimenti o modifiche di contesto. Il risultato è una forma di co-creazione.

In sintesi, il vibe coding è una filosofia di sviluppo in cui l’input umano è più dichiarativo che tecnico, mentre l’output AI è sempre più preciso, contestuale e adattivo. Non è solo un modo nuovo di scrivere codice, ma un nuovo modo di pensare al software.

Gli strumenti del vibe coding

Gli strumenti per il vibe coding si differenziano principalmente in due categorie: da un lato i classici LLM che assistono la generazione di codice e dall’altro i tool integrati negli IDE e ambienti veri e propri che in tempo reale forniscono codice e feedback immediato.

Di seguito sono indicati gli strumenti impiegati per il vibe coding più diffusi:

  • ChatGPT, Gemini o Claude: interfacce linguistiche efficaci per generare in modo veloce una funzione o un frammento di codice;
  • GitHub Copilot: l’assistente AI integrato in Visual Studio Code;
  • Manus-AI: è una piattaforma basata su intelligenza artificiale progettata per semplificare e automatizzare la redazione di documenti legali. Offre assistenza nella scrittura, revisione e analisi di contratti, riducendo tempi e margini di errore. 
  • Cursor: un nuovo IDE potenziato da AI che permette di modificare interi codebase tramite comandi in linguaggio naturale;
  • Lovable.dev: la piattaforma automatizza le integrazioni API (Stripe, Supabase) e genera interfacce utente responsive;
  • Firebase Studio: integra strettamente Gemini AI con i servizi Firebase per la creazione di app full-stack.
  • Roo Code è un’estensione AI-powered per VS Code che funge da agente AI integrato direttamente nell’editor.

Vantaggi e Svantaggi del vibe coding

Con il vibe coding è possibile generare software partendo direttamente da istruzioni in linguaggio naturale e quindi sono diversi i vantaggi rispetto alla programmazione tradizionale.

Un primo vantaggio è la riduzione del tempo, in particolare per la scrittura di codice ripetitivo.

Un secondo vantaggio è la democratizzazione dello sviluppo: grazie al vibe coding infatti, è possibile creare applicazioni digitali anche senza essere un programmatore professionista, poiché basterà descrivere quello che si vorrà ottenere.

Il terzo beneficio riguarda poi la personalizzazione e l’adattabilità poiché è possibile modificare i prompt in modo veloce per ottenere variazioni funzionali, estetiche o linguistiche. 

Infine un altro vantaggio del vibe coding è rappresentato per le imprese anche dalla possibilità di ottimizzare le risorse, le aziende possono infatti ridurre il carico su team IT interni e delegare task ripetitivi o standardizzati all’intelligenza artificiale. Questo aspetto viene enfatizzato nello studio di Accenture del 2024, secondo cui le aziende che integrano AI nei processi di sviluppo ottengono in media un risparmio del 30% sui costi legati alla produzione software.

È bene però sapere che così come è possibile individuare numerosi vantaggi nell’uso del vibe coding esistono anche numerose limitazioni dovute al fatto che l’AI per la generazione del codice si basa su una quantità di dati di addestramento molto vasta e ciò può causare come conseguenza che il codice possa essere inefficiente, difficile da mantenere e soggetto a bug. Oltre a ciò si aggiungono poi anche rischi per la sicurezza in quanto le best practice per la sicurezza non sempre vengono impiegate dagli strumenti AI portando a potenziali problemi come SQL injection, buffer overflow o hardcoded Secrets.

Infine altri limiti possono essere identificati in: mancanza di comprensione del contesto, dipendenza dall’AI e perdita di competenze e problemi di licenza e copyright per quanto riguarda il codice generato.

Vibe Coding: approccio puro e ibrido

Visti i pro e i contro del vibe coding, la soluzione migliore da adottare sarebbe un approccio differenziato che sfrutta il vibe coding puro per contesti specifici e quello ibrido per lo sviluppo tradizionale. Per progetti esplorativi come Proof of Concept, demo rapide o quando si deve soddisfare velocemente un requisito emergente, il vibe coding puro risulta la scelta più efficace. In questi scenari, l’obiettivo è raggiungere rapidamente un risultato funzionante senza preoccuparsi della struttura a lungo termine, permettendo di validare idee, impressionare stakeholder o rispondere a richieste urgenti con la massima velocità possibile. La natura temporanea e sperimentale di questi deliverable giustifica l’assenza di refactoring strutturato, poiché spesso il codice viene poi scartato o completamente riscritto.

Per lo sviluppo di applicazioni enterprise o progetti a lungo termine, invece, l’approccio ibrido rappresenta la soluzione ottimale. Questo metodo si articola in due fasi sequenziali: inizialmente si procede con sessioni di coding intuitivo, dove si ignora temporaneamente la struttura formale per concentrarsi sulla risoluzione del problema core, permettendo l’emergere di soluzioni non convenzionali e pattern architetturali innovativi. Durante questa fase esplorativa, lo sviluppatore si lascia guidare dall’ispirazione del momento, sperimentando approcci diversi e iterando rapidamente su prototipi funzionanti.

È importante notare che per progetti già esistenti, l’adozione di un approccio vibe coding puro potrebbe non portare benefici, anzi rivelarsi controproducente. In codebase consolidate, l’introduzione di codice sviluppato senza considerare l’architettura esistente può creare inconsistenze stilistiche, duplicazioni logiche e problemi di integrazione che compromettono la stabilità del sistema. L’approccio puro rischia di generare debito tecnico che si accumula nel tempo, rendendo il codice progressivamente più difficile da mantenere e debuggare.

Successivamente, si passa alla fase di consolidamento, dove il codice prodotto viene sottoposto ad analisi critica e refactoring sistematico. Durante questa seconda fase si applicano principi di clean code, si ottimizzano le performance, si introducono test appropriati e si documenta la logica implementativa. Questo momento di riflessione è cruciale per identificare i pattern vincenti emersi durante la fase creativa e trasformarli in architettura sostenibile.

L’approccio ibrido aiuta particolarmente lo sviluppatore perché riduce il burnout creativo tipico della programmazione eccessivamente strutturata, mantiene alta la motivazione attraverso fasi di esplorazione libera, e allo stesso tempo garantisce la qualità finale del codice. Inoltre, questo metodo favorisce l’apprendimento continuo, poiché l’alternanza tra intuizione e analisi critica sviluppa sia le capacità creative che quelle analitiche del programmatore, creando un ciclo virtuoso di crescita professionale.

Conclusioni

Il vibe coding rappresenta il primo passo per arrivare allo sviluppo conversazionale delle applicazioni; più che di una tecnica, si tratta di una vera e propria modalità di pensiero che mette al centro l’intenzione umana e la capacità dell’IA di interpretarla, generando così codice coerente, funzionale e sempre più aderente al contesto.

Le statistiche indicano chiaramente che questo approccio è una tendenza in rapida diffusione. Sono sempre di più infatti le imprese, startup, professionisti e studenti che stanno già beneficiando dei vantaggi in termini di tempo, accessibilità e creatività. La diffusione di strumenti come GPT-4, Claude, Copilot o Cursor sta infatti rendendo sempre più concreta la possibilità di “sviluppare con le parole”. Tuttavia, è importante sottolineare che il vibe coding non sostituisce lo sviluppatore umano, ma ne potenzia il ruolo. La capacità di formulare prompt efficaci, valutare il codice generato e integrarlo nel contesto di un progetto rimane una competenza chiave.

In questo contesto, così come accade con tutte le nuove applicazioni dell’intelligenza artificiale, ad avere grande importanza saranno sempre più nuove skill, ma anche nuove mentalità in linea con una nuova alfabetizzazione digitale. Guardando al futuro quindi, la domanda da porsi non è più se adottare il vibe coding, che avrà di certo grande sviluppo, ma come fare per integrarlo strategicamente nei processi creativi e produttivi del proprio team.

Revelis è in prima linea nel processo di evoluzione digitale che sta interessando anche il mondo del coding, e dispone delle competenze necessarie per supportare le aziende nel processo di transizione alle tecnologie generative. Se vuoi scoprire come il vibe coding potrebbe facilitare i tuoi progetti, non esitare a contattarci per una consulenza personalizzata.